Porsche 901
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All’alba degli anni Sessanta in Porsche vi è un grande fermento dovuto all’opportunità, ma anche alla necessità di progettare una nuova vettura per sostituire la best-seller, ormai datata, 356.
Si considereranno ipotesi molto diverse fra loro, inclusa una vera quattro posti a tre volumi. Alla fine, la scelta cadrà sul progetto Tipo 7, opera di Ferdinando Alexander Porsche, detto “Butzi”, il primogenito di “Ferry”.
Il “cahier des charges” del modello che sarà battezzato 901 prevede un’impostazione coerente con quella della 356, ma con numerose varianti. La linea della 356 è infatti nota e riconoscibile, con un vasto e affezionato pubblico di estimatori. Inoltre l’architettura a motore posteriore boxer potrebbe avere conseguenze favorevoli nell’impiego sportivo, cui difficilmente la marca sarebbe disposta a rinunciare.
Nodo fondamentale da risolvere è l’abitabilità, una volta scelta formula 2+2, in cui i due posti posteriori siano più di semplici strapuntini, per mantenere prestazioni e piacere di guida, senza rinunciare a comfort e affidabilità con un motore troppo spinto, si rende necessario optare per un inedito sei cilindri. Ma questo comporta una sorta di passaggio di categoria della vettura, il che la pone fuori dalla portata di molti clienti Porsche. Inizialmente si deciderà quindi di limitare a due litri la cilindrata, avendo però previsto fin da principio la possibilità di incrementarla fino a 2,7 senza interventi sostanziali, nel caso il mercato mostrasse interesse per vetture sempre più prestazionali.
Anche la capacità del bagagliaio ( Ferry aveva sottolineato la richiesta da parte di molti clienti di poter alloggiare almeno una sacca da golf, impossibile sulla 356), fra le priorità, sarà una delle ragioni per cui si opterà per una sospensione anteriore di tipo McPherson. La gestazione è complessa e ben 3 prototipi diversi di Tipo 7 vengono allestiti prima di giungere alla forma definitiva .
Da qui, 13 prototipi di 901: lunghe sessioni di collaudi con le vetture camuffate per l’uso stradale prima della presentazione, che avverrà al Salone dell’Automobile di Francoforte, nel settembre del 1963.
Lo sviluppo tecnico non diede gravi difficoltà e la nuova meccanica, incluso l’inedito 6 cilindri boxer, era pronta già nel 1961.
Problemi maggiori derivarono, come detto, dalla definizione della carrozzeria. La soluzione trovata da Butzi alla fine del 1959, il prototipo “T7” (in seguito anche denominato “754”), non convinceva e le varie modifiche non riuscirono a trovare la giusta soluzione tra l’eleganza dell’aspetto e la necessità di ottenere il richiesto spazio per passeggeri dei sedili posteriori.
Un lungo lavoro di affinamento portò alle soluzioni più disparate e bizzarre, finché Butzi si vide costretto ad abbandonare l’iniziale punto programmatico dei 4 posti e ripiegare sulla configurazione 2+2, che consentiva di mantenere la linea di cintura iniziale, raccordando il padiglione con il cofano motore in una sola curva.
Identica soluzione stilistica era stata adottata, nel 1960, da Franco Scaglione per la “356 Carrera Abarth” che, insieme alla “T7”, può essere considerata la progenitrice della futura “911”.
Ma il primo ostacolo di quella che sarebbe stata una luminosa carriera si presenterà ancora prima della commercializzazione: la Peugeot, aveva da anni depositato tutti i nomi di automobile di tre cifre con la 0 centrale, compresa – ovviamente – la denominazione 901. In seguito Porsche appurerà che il vincolo riguardava solamente le vetture di produzione e quindi non ci sarebbero stati problemi a battezzare 904, 906 o 908 le celebri vetture sport (nonché a mantenere lo zero centrale anche per la numerazione dei pezzi di ricambio) ma per l’erede della 356 il destino è segnato…non più 901 ma si chiamerà 911. B0330
Articolo in collaborazione con: http://curiosando708090.altervista.org