BSA Rocket 3
Una BSA Rocket 3 che riprende vita – Clicca Sopra
BSA Rocket 3 – Genesi
Sul finire degli anni ’50 Bert Hopwook, capace progettista del gruppo BSA ( di cui Triumph faceva parte) propone a Edward Turner, presidente Triumph, un nuovo motore a 3 cilindri. Il capo – padre del twin parallelo del 1936 – non sente ragioni e liquida l’ingegnere con un generico “si vedrà”.
Convinti della bontà dell’idea, un manipolo di intraprendenti tecnici, nelle ore a cui la fabbrica si svuota, aggiunge un cilindro al 500 cc. a valvole in testa: ecco che nasce l’immortale 3 cilindri. Tuttavia bisognerà asepttare il 1963, dopo la notizia dell’imminente arrivo sul mercato di una Honda 750 (la Four) per vedere l’azienda britannica attivarsi davvero, dando priorità assoluta al progetto Rocket 3/Trident.
Per contenere al massimo i costi i primi prototipi sono costruiti sui vecchi telai della Bonneville, con il tricilindrico che riesce a sviluppare, nelle prove di banco, quasi 60 CV. Quando tutto sembra pronto per la commercializzazione, i membri del board decidono una netta divisione nello stile tra BSA e Triumph, affidando il design all’esterna Ogle, che fino ad allora si era occupata di radio e tostapane.
Così, le caratteristiche precipue della BSA Rocket 3 – cilindri più inclinati rispetto alla Triumph Trident e telaio a doppia culla – passano in secondo piano rispetto allo stile, fin troppo rigoroso rispetto alla concorrenti di allora.
L’entrata in produzione della A75 Rocket 3 (1968), la 3 cilindri di 750 cm³ (venduta anche come Triumph Trident) non servì a riportare ossigeno nelle boccheggianti casse del gruppo (nonostante alcune affermazioni sportive, come la 200 Miglia di Daytona 1971); il 1972 segnò la chiusura del gruppo BSA, che fu rilevato dalla Norton; quest’ultima decise di mantenere in vita il solo marchio Triumph. ( 1dic16 )
Articolo in collaborazione con: http://curiosando708090.altervista.org