ALFASUD
L’Alfasud al cinema – Clicca Sopra
L’Alfa Romeo Alfasud è un’autovettura prodotta dalla Alfa Romeo dal 1972 al 1984, la prima ad essere assemblata nello stabilimento di Pomigliano d’Arco.
La versione coupé chiamata Alfasud Sprint e successivamente semplicemente Sprint è stata presentata nel 1976 ed è stata prodotta fino al 1989. L’Alfasud è il modello più venduto nella storia dell’Alfa Romeo con 1.017.387 esemplari prodotti.
Alfasud – La storia
Verso la fine degli anni sessanta, l’allora Presidente dell’Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi, richiama al Portello (l’ubicazione dell’Alfa Romeo era in via Gattamelata) Rudolf Hruschka (già Hruska). Si trattava, comunque, di costruire un nuovo stabilimento nelle aree adiacenti alla Alfa Avio Costruzioni in provincia di Napoli, così da permettere all’Alfa Romeo, la produzione di un nuovo modello, completamente progettato da Hruska.
Per Luraghi la produzione della vettura assunse anche un ruolo sociale. L’IRI permise a Luraghi, grazie anche alle oggettive necessità logistiche, di creare, per accedere ai fondi destinati a favorire l’industrializzazione del Sud Italia, un nuovo stabilimento a Pomigliano d’Arco (Napoli), sui terreni già di proprietà della stessa azienda, per assemblare il nuovo modello ed i suoi derivati.
Nel 1967 iniziò, contemporaneamente, la progettazione dello stabilimento e della nuova vettura, entrambe sotto la responsabilità tecnica dall’ingegnere Rudolf Hruska, uno dei più importanti tecnici della scena internazionale, già “braccio destro” di Ferdinand Porsche e consulente Fiat, Simca, Cisitalia e Abarth. La sagomatura della carrozzeria, invece, venne congiuntamente affidata alla neonata SIRP – poi Italdesign – di Giorgetto Giugiaro e Aldo Mantovani.
L’Alfasud venne presentata in anteprima nel 1971 al salone dell’automobile di Torino, le prime consegne iniziarono a giugno dell’anno successivo. Si trattava di una berlina quattro porte e due volumi con coda che gli americani avrebbero definito fastback (la versione cinque porte con il portellone posteriore arrivò solo al termine della produzione nel 1982), caratterizzata da soluzioni meccaniche “evolute” quali:
trazione anteriore, motore 4 cilindri boxer, freni a disco su tutte le ruote (quelli anteriori erano inboard per ridurre le masse non sospese), retrotreno ad assale rigido con parallelogramma di Watt e avantreno MacPherson, semplice ma che permetteva l’economia di scala che la vettura si proponeva.
Discreto per l’epoca il Cx di 0,40, ma non eccezionale se paragonato allo 0,30 della concorrente Citroen GS del 1970 o allo 0,34 della Giulia del 1962, vettura, quest’ultima, di un diverso segmento.
Alfasud – La prima serie (1972-1977)
Gli interni avrebbero dovuto apparire di impostazione più sportiva, ma la qualità dei materiali e l’assemblaggio non furono sempre all’altezza. Alcune finiture apparivano spartane (pavimento in gomma, sedili in sky, plastiche della plancia economiche) ma furono compensate dalla dotazione di buon livello (volante e sedile di guida regolabili in altezza e posizione, moderno impianto di ventilazione).
Nei primissimi modelli mancavano tuttavia il contagiri ed il servofreno. Vi era inoltre una pecca che fu giudicata grave da molti: le cerniere del portello del bagagliaio posteriore erano “a vista” e quindi ne pregiudicavano non poco l’estetica, e solo con la presentazione della terza serie, diversi anni dopo, furono ricoperte mediante l’applicazione di una bandella in plastica.
L’Alfasud portò al debutto il nuovo motore boxer Alfa Romeo (soluzione che permise a Giugiaro di disegnare un frontale molto basso e sfuggente) raffreddato ad acqua di 1186 cm³. Il propulsore forniva discrete prestazioni, sicuramente superiori a quelle di autovetture di pari categoria, (si trattava, pur sempre, di 63 CV a 6000 giri), era pronto e disponibile nel salire di giri e, abbinato ad un cambio manuale a 4 marce, consentiva alla nuova Alfa Romeo di toccare i 153 km/h, velocità di tutto rispetto per un’autovettura che voleva inserirsi nel segmento medio-basso.
La commercializzazione della berlina a 4 porte iniziò nel 1972 ad un prezzo di 1.420.000 lire. Il successo fu buono, soprattutto per il comportamento stradale; unanimi i consensi da tutte le riviste di settore, sia italiane che estere, per la guidabilità complessiva, la tenuta di strada, la visibilità e lo spazio interno. Hruska, che era molto alto, aveva richiesto ai progettisti che l’abitacolo fosse così spazioso che, con una persona della sua altezza alla guida, un passeggero della stessa taglia stesse comodo sul sedile posteriore. Alcune fonti parlano di grossi difetti qualitativi che avrebbero rallentato la diffusione: si tratta di problemi frequenti che, anche a causa dei cronici conflitti sindacali, non permisero di raggiungere il previsto standard sul prodotto finito.
Le pressanti richieste, però, imposero di avviare le vetture ai concessionari anche se non rispettavano tutte le specifiche di qualità. In alcuni casi la carrozzeria presentava, dopo pochissimo tempo, tracce di ruggine che aggredivano alcuni settori delle lamiere tra i quali: i parafanghi anteriori, gli archi interni delle ruote, i montanti intorno al parabrezza e lunotto, formandosi persino sui pannelli centrali. Gli acquirenti della prima ora non perdonarono, oltre ai problemi di cui abbiamo già parlato, l’assenza di servofreno (aggiunto solo nel 1973, ma la cui assenza comunque non pregiudicava l’efficienza dell’intero impianto frenante, considerato fra i migliori di tutte le vetture di quel segmento in quell’epoca soprattutto perché era a disco sulle 4 ruote) e del contagiri, anche in considerazione del prezzo.
Mentre alla base rimase la versione 1200 da 63 CV con cambio a 4 marce (ora denominata Alfasud N), nel 1974 arriva la Alfasud L, con allestimento più ricco (sedili in panno, pavimento in moquette, poggiatesta anteriori, rostri ai paraurti, profili cromati ai finestrini, finiture più curate) e motore migliorato nell’erogazione di coppia (9 kgm a 3200 giri anziché 8,5 a 3500) che propose nuove finiture e dotazioni. Dal 1975 la L adottò il cambio a 5 marce, cambiando nome in Alfasud 5m, oltre che ad un migliore trattamento della lamiera del veicolo denominato “zincrometal” che consentì sulle successive versioni di limitare i problemi di ruggine che le prime versioni del modello presentavano.
Nel 1973 arrivò la versione Alfasud Ti a 2 porte, con allestimento sportivo. Le differenze, oltre al numero di porte, riguardavano:
- Nuovi gruppi ottici a quattro proiettori circolari
- Indicatori di direzione anteriori sui paraurti anteriori
- Rostri ai paraurti
- Cerchi specifici (in lamiera) e pneumatici maggiorati
- Spoiler anteriore (sotto al paraurti) e alettone perimetrale posteriore nero (che riducono il CX a 0,39)
- Tergicristalli, montante centrale e griglie di sfogo nere.
- Targhette con logo “Ti” sui montanti posteriori
L’interno era più curato grazie ai nuovi sedili sportivi con fascia centrale in tessuto e fianchetti in sky, ai poggiatesta anteriori, al volante a tre razze, alla moquette sul pavimento ed alla dotazione che comprendeva finalmente il contagiri, il manometro dell’olio e il termometro dell’acqua. Dal punto di vista tecnico si segnalavano il motore potenziato a 68 CV (grazie ai nuovi alberi a camme e al carburatore doppio corpo), il cambio a 5 marce ed il servofreno. Nel 1976 la cilindrata del motore aumentò a 1286 cm³ e la potenza passò a 75 CV.
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Articolo in collaborazione con: http://www.curiosando708090.altervista.org